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Dialogo islamocristiano sul sole e sul velo (padre incluso).

La chiesetta si affolla di un gruppo di giovanissimi dalla vicina Ramallah, tutti musulmani.
Siamo entrati nell’itinerario del loro campo estivo, e seguono attenti un breve racconto sulla presenza cristiana in un villaggio piccolo ma famoso per il grado di convivenza tra diversi.
Seduto in fondo mi godo la scena in silenzio, sino a quando mi volto verso la mia vicina, un’adolescente un po’ più grande della media e, per attaccar bottone, le dico che sono italiano ma qui mi sento a casa.

Gran sorriso, ma subito incalza:
In che cosa credi?
Rispondo che Dio, se mai esiste, è paragonabile al sole nel cielo...

Uno solo, lassù, però quaggiù si spande la sua luce. Il sole e la luce sono distinti ma inseparabili, della stessa natura. Poi senti sulla pelle il calore del sole. Anch’esso distinto dal sole e dalla luce, ma da lui inseparabile, della stessa sostanza.
Così mi rappresento Dio, uno solo, nella triplice valenza di Sorgente-Luce-Calore.
Per me Gesù è luce, lo Spirito il calore, cioè l’amore.

Ha ascoltato attenta e ora tocca a lei dirmi che crede in Dio, e crede in Muhammad sigillo dei profeti, e crede nel profeta Gesù, e ha un grande amore per sua madre Maryam.

E preghi?
Sì, risponde, tutte e cinque.

Anche le preghiere notturne?
No, quelle ancora no.

E il velo? Ormai avresti l’età per metterlo, che cosa aspetti?
Mi risponde che il velo è una cosa bella, per le donne un segno di pudore, ma mio papà non me l’ha imposto, mi lascia libera di decidere quando sarà il momento, e sento che non è ancora il momento.

Ci congediamo con un sorriso e una benedizione reciproca, come da uso tradizionale qui.
Certo, ci sono i convegni, i simposi e i famosi “tavoli istituzionali”, ma penso che incontri come questi, assolutamente fortuiti e non istituzionali, siano la cellula madre del dialogo interreligioso.

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