30 Set
2014
I massacri dei cristiani in Iraq: il silenzio dei musulmani, il silenzio degli intellettuali - Stefano Allievi

Argomento: societacostume | 3063 | 0 | società

I massacri perpetrati nei confronti dei cristiani e di altre minoranze religiose in Iraq, sono qualcosa che va oltre il pensabile e l'immaginabile. Teste mozzate e mostrate sulle picche, barbare crocifissioni, stupri di massa, bambine vendute come schiave, donne e bambini sepolti vivi, villaggi bruciati, luoghi di culto, monumenti, croci, cimiteri vandalizzati e distrutti, e infine centinaia di migliaia di profughi e dispersi: sono pezzi di umanità e di storia millenaria letteralmente cancellati, nel più barbaro e feroce dei modi...

Tutto questo ad opera dei cosiddetti miliziani dell'Isis, i seguaci di al-Baghdadi, sedicente califfo islamico, che vuole costruire sul più primitivo dei terrori uno stato teocratico, basato su rozze e semplificatrici interpretazioni del messaggio religioso islamico.
Di fronte a queste distruzioni di massa, quello che colpisce, che inquieta, è l'assordante silenzio in cui le turpi violenze di al-Baghdadi e dei suoi sono avvolte nel campo islamico: e, in particolare, da parte delle minoranze musulmane che vivono in Europa.
Nei paesi coinvolti, a cominciare dallo stesso Iraq, sono spesso le popolazioni musulmane stesse ad aiutare questi poveri derelitti perseguitati: e alcune testimonianze di personaggi pubblici e giornalisti - in paesi dove fare il giornalista è ancora un mestiere non di rado eroico - si sono levate, in vari paesi dell'area, in difesa dei cristiani e delle altre minoranze sotto attacco. Ma è da noi, in Europa, che, sorprendentemente, ben poche voci si sono levate contro quanto sta avvenendo. Anche da parte degli europei, peraltro, a cominciare da intellettuali e intellighenzia. Forse perché le persecuzioni di cristiani non sono trendy, forse perché le chiese dominanti nei rispettivi paesi stanno antipatiche di default all'intellighenzia laica, il silenzio domina: anche tra i commentatori, nelle università, e ancora di più tra coloro che di mestiere si occupano proprio di islam e musulmani nelle varie aree del mondo.
Ma è il silenzio dei musulmani che colpisce di più. Proprio loro, giustamente così sensibili, in quanto coinvolti direttamente, ai diritti delle minoranze religiose in Europa, sono incredibilmente silenti e muti di fronte al massacro di intere minoranze religiose nei loro paesi, o in paesi comunque musulmani, dove la persecuzione è perpetrata in nome della stessa loro fede. E dove i perseguitati, per quel che riguarda i cristiani, sono i fratelli nella fede di chi, in Europa, si schiera al loro fianco in difesa dei diritti all'espressione religiosa e ai luoghi di culto dei musulmani in Europa.
Non parliamo di singoli credenti: che individualmente - come sappiamo anche per esperienza diretta - hanno denunciato quanto sta avvenendo, e ne parlano con ira e partecipata commozione. Parliamo delle organizzazioni religiose islamiche, incluse quelle delle seconde generazioni, e degli intellettuali, degli imam, dei leader associativi musulmani: salvo poche, pochissime eccezioni, domina un fragoroso, rumorosissimo silenzio. Certo, ci sono delle spiegazioni. C'è Gaza: e la umma, la comunità islamica globale, ferita da oramai un settantennio in quelle zone, è concentrata su quelle urla di disperazione, e solo su quelle. Ma questa incapacità di ascolto di quanto avviene altrove, questa attenzione così rigorosamente selettiva alle proprie disgrazie, nell'incapacità di percepire quelle altrui, è un segnale terribile.
Di cui, onestamente, siamo sorpresi. Ci sono stati anni in cui le comunità islamiche, anche in Italia, sono state capaci di intervento, di mobilitazione, di denuncia dei loro stessi paesi, persino di azione diplomatica a tutela per esempio di italiani rapiti, proprio in Iraq: e sono state parte di un più ampio movimento di iniziative per la pace. Oggi questo ripiegamento, questa chiusura in se stesse, è un pessimo segnale di mancata integrazione mandato al paese. Certo, il paese non ha fatto molto per integrare, per accogliere: in troppe occasioni e per troppi anni, in troppi luoghi, i musulmani hanno vissuto sulla propria pelle la diffidenza e qualche volta l'ostilità. Ma il segnale mandato oggi non farà che peggiorare la situazione. E dimostra la fine di un ciclo, l'esaurimento definitivo di una leadership islamica palesemente inadeguata alla situazione e alle sfide in atto. E il fortissimo bisogno dell'emergere di nuovi leader e nuove comunità: religiosamente islamiche e al contempo autenticamente europee.

www.stefanoallievi.it

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