07 Lug
2014
L'Islam in Bosnia e il suo volto istituzionale - Martino Diez

Argomento: teologiamusulmana | 3088 | 0 | islam

Husein Kavazović, nato nel 1964 a Gradačac, guida la comunità islamica di Bosnia-Erzegovina dal 2012. Dopo gli studi in diritto islamico all'Università Al-Azhar al Cairo, ha vissuto a Tuzla, dove ha guidato come mufti la comunità locale.
Lo caratterizza la cura per la vita interna alla comunità islamica, più che l'esposizione politica...

Quali sono le caratteristiche più importanti dell'Islam bosniaco, se dovesse definirle in breve?
L'Islam si è diffuso in Bosnia attraverso i turchi ottomani e le istituzioni che hanno fondato. Non sono stati i predicatori itineranti a diffondere l'Islam, com'è avvenuto in altre regioni del mondo, nè i commercianti, che pure hanno avuto un ruolo importante altrove (venendo da Venezia, lo sapete bene!). Il nostro è dunque stato fin dall'inizio un Islam istituzionale, centrato sugli ulema e le madrase. Anche dopo la fine del controllo ottomano, sotto la monarchia austro-ungarica, i musulmani si sono impegnati nella creazione di un'istituzione centrale, la mash'kha islàmiyya, mentre venivano avviati progetti di riforma delle madrase e delle facoltà islamiche, che portarono all'adozione di un programma misto, in cui accanto alle discipline tradizionali venivano insegnate anche le scienze moderne. Al tempo stesso è stato fondamentale il sufismo, che veniva praticato da molti ulema. L'Islam in Bosnia Erzegovina dunque ha sempre trovato la propria radice nei libri degli ulema e il proprio centro nelle moschee e nelle confraternite mistiche.

Dopo la fine dell'impero austro-ungarico e il regno di Jugoslavia è stata la volta dell'epoca comunista. A suo avviso si avverte ancora un influsso del comunismo a livello del modo di vivere?
Certamente. Il comunismo ha esercitato una forte pressione sulla gente in Bosnia Erzegovina. Ci sono ancora persone che guardano i musulmani e i cristiani che vanno in moschea o in chiesa come se fossero automaticamente degli estremisti. È una visione superficiale, dovuta al fatto che molte persone non conoscono la profondità della dimensione religiosa senza la quale l'uomo non può vivere. E penso che questo influsso continuerà a farsi sentire anche in futuro.

Qual è il contributo dei musulmani, inteso come i musulmani praticanti, nella vita della società civile oggi?
Musulmani e cristiani hanno oggi un ruolo importante nella nostra società. Molti credenti però sono gente comune, non appartengono alle classi colte e sono facilmente influenzabili. C'è anche da dire che l'influsso dei musulmani praticanti è limitato, anche se in crescita. La corrente laica ha un forte impatto sui musulmani. Prenda le leggi promulgate in Parlamento: non hanno alcuna impronta religiosa. Le leggi dello Statuto personale sono totalmente laiche, ad esempio, perfino per quanto riguarda la celebrazione del matrimonio.

E invece lei auspicherebbe un ruolo più significativo per le religioni?
Certamente. Siamo dell'idea che ad esempio sulle questioni che riguardano la famiglia, come musulmani o cristiani abbiamo una parola da dire.

Questa parola da dire porterebbe anche all'applicazione della sharìa per quanto riguarda il codice dello statuto personale?
Guardi, la sharìa in Bosnia è stata applicata, per quanto riguarda gli statuti personali, fino al 1946; anche i cristiani avevano le loro norme specifiche in quell'ambito. Se vogliamo davvero la libertà, a nostro avviso sarebbe bene che venissero introdotti alcuni elementi religiosi nelle leggi che regolano la famiglia.

Quanti sono circa i musulmani praticanti sul totale dei musulmani culturali? E come si definisce un praticante? Ad esempio è una persona che prega cinque volte al giorno?
Come uomini di religione diciamo che è musulmano chi testimonia che vi è un solo Dio e che Muhammad è il suo inviato. Ma se parliamo di credenti impegnati, che pregano, digiunano, fanno il pellegrinaggio etc., è difficile definirne il numero. A giudicare dalla presenza alla preghiera del venerdì, stimerei tra un 20 e un 25% di praticanti, in senso pieno. Ma naturalmente ci sono poi tutti i musulmani che appartengono al cerchio più ampio dell'Islam, pur non praticando regolarmente.

Hanno fatto notizia le proteste del febbraio scorso in Bosnia, che hanno degli strascichi ancora oggi. Lei che cosa ne pensa?
Penso che siano proteste generate da questioni economiche, dovute alla crisi che qui in Bosnia è non solo economica, ma anche politica, e ha condotto a un deterioramento delle condizioni di vita. Non penso che siano estremamente pericolose, ma sono un avvertimento per il potere. Il potere deve muoversi, deve assolutamente risolvere la situazione economica.

La biblioteca della moschea di Gazi Husrev Beg, riaperta al pubblico nel gennaio scorso è uno spettacolo. I soldi per restaurarla sono venuti dal Qatar e questo non è l'unico caso in cui gli Stati del Golfo finanziano attività a Sarajevo. Non teme che possano intromettersi anche nelle questioni interne, nella comunità islamica locale?
La biblioteca di Gazi Huserv Beg è fondamentale, conserva testi importanti in arabo, persiano, turco e nelle lingue locali, bosniaco, serbo e croato. Era andata bruciata durante l'aggressione, insieme all'Istituto di Orientalistica di Sarajevo, in cui si conservavano libri e documenti preziosi. Questa biblioteca è ormai l'unica cosa che ci resta in fatto di memoria storica del nostro passato e siamo molto felici di averla potuta ricostruire. Il Qatar ci ha molto aiutato, per la verità avevamo chiesto aiuto anche ad alcuni Stati europei ma non ci hanno fatto sapere nulla. A nostro avviso quello della biblioteca è un progetto culturale di importanza mondiale, non limitato ai soli musulmani, come dimostra la provenienza dei ricercatori. Poi c'è da dire che in Bosnia gli stati cattolici aiutano i cattolici, quelli ortodossi gli ortodossi e mi sembra logico che gli Stati musulmani aiutino i musulmani. Ai nostri fratelli degli Stati islamici d'Oriente diciamo sempre che abbiamo la nostra cultura, che siamo molto diversi da turchi, arabi o indonesiani. Questo è molto importante. Rifiuteremmo ogni tentativo di esercitare una pressione su di noi.

Prima di essere reis-ul-ulema di Bosnia Erzegovina Lei è stato mufti a Tuzla. Ha vissuto lì anche gli anni della guerra e che esperienza ne ha tratto?
Sì, durante la guerra ero a Tuzla, sono stato anche in un campo di prigionia per sei mesi. Nonostante questo, dico che tutti noi, musulmani, cattolici e ortodossi, abbiamo sofferto per la guerra, le distruzioni e le stragi. Nella città, a Sarajevo e Tuzla, musulmani e cristiani si aiutavano reciprocamente. Poi certo c'erano quelli che non rispettavano l'umanità e violavano le leggi divine. Questo è successo in ogni comunità. Ma penso che i malvagi siano una minoranza e che la maggioranza sia composta da persone buone. Ho fiducia nella gente.

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