22 Mag
2014
Cristiani e musulmani insieme per la ricostruzione di Homs - Redazione vatican insider

Argomento: societacostume | 2961 | 0 | società

Si prega assieme fra musulmani e cristianiLe macerie sono dappertutto, per le strade e nei cuori di chi vede le proprie case, il passato e i ricordi di una vita spazzati via dalla violenza...

Eppure, tra gli abitanti di Homs che stanno tornando a migliaia in città, dopo la tregua e il ritiro dei ribelli dal centro storico, c'è anche una voglia incredibile di ricominciare, racconta per telefono a Elisa Pinna padre Michel Naaman, sacerdote siro-cattolico che l'altro ieri sera ha celebrato messa, per la prima volta in tre anni, nella cattedrale del Santo Spirito ad Homs.

Le foto mostrano qualche decina di fedeli in una navata ripulita alla meglio, ma ancora spettrale per le ferite della guerra e dei bombardamenti. Pietre dappertutto, vetrate saltate, panche sparite.

Ad Homs, spiega padre Michel, si lavora per rendere nuovamente agibili i luoghi collettivi: in nemmeno 48 ore dopo la tregua ruspe e volontari hanno rimosso cumuli di detriti dalla piazza dell'Orologio, simbolo della città, ed hanno persino piantato alberelli e fiori nell'aiuola centrale. Pochi giorni fa nella Chiesa ortodossa di Um Alzunnar, incendiata dai ribelli, si è svolta una messa di ringraziamento, a cui hanno preso parte cristiani e musulmani, `una folla enorme. Oggi gli abitanti di Homs si sono riuniti per la preghiera del venerdì nella grande moschea di Khalid Ibn Alwalid. Poi, il luogo sacro islamico verrà chiuso per essere restaurato: si regge ancora in piedi per miracolo.

Padre Michel è stato tra i notabili locali che hanno negoziato la conciliazione, ovvero l'accordo in base al quale i ribelli -asserragliati nel centro storico della città bombardato per tre anni dalle forze lealiste- hanno accettato di deporre le armi e di trasferirsi nel villaggio di Al Dar Al Kabiba, ancora in mano all'opposizione islamista. Vi è un quartiere della città nuova, Al Waar, che è tuttavia ancora controllato dai ribelli. Siamo cercando di raggiungere un accordo per un loro ritiro anche da quel sobborgo, dove, in passato, vivevano oltre 100 mila persone, ha detto padre Michel.

Nonostante il clima di speranza e la voglia di normalità di quanti ritornano in città e l'entusiasmo persino commovente di tanti giovani scout cristiani, la situazione resta estremamente difficile, osserva padre Michel. Molte case, molte strade sono minate: ieri sono saltati in aria e morti un giovane e alcuni poliziotti. Poi c'è il problema dello sciacallaggio: ci sono stati scontri tra bande rivali in cerca di qualche bottino. La religione qui non c'entra niente, si tratta di delinquenti disposti ad uccidere per nulla. Non so nemmeno cosa possa esserci rimasto tra le case distrutte, una città di oltre 800 mila persone, aveva rappresentato nel 2011 il simbolo della rivolta contro il potere di Hassad. La situazione era degenerata rapidamente con l'entrata in campo dei qaidisti di Al Nusra che avevano conquistato il centro storico. Gran parte della popolazione era fuggita, trasferendosi nei villaggi di montagna della regione circostante. Negli ultimi tre mesi, nel centro storico - insieme agli insorti - erano rimasti solo una trentina di civili, tra cui un fratello e una sorella Ayman e Zeinat Akhras, due cristiani, che per sopravvivere si sono nutriti di foglie. Quelle del cimitero, condite con olio e spezie, erano le più buone, hanno raccontato alla CNN. Anche il gesuita olandese Frans van der Lugt non era voluto fuggire. È stato ucciso da sconosciuti pochi giorni prima che scattasse la tregua. La sua tomba è ora meta di un pellegrinaggio continuo. Secondo i cristiani locali ad assassinarlo sono stati i ribelli.

www.lastampa.it

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