19 Gen
2014
Ansar al-Shari'a (gruppo salafita) - Stefano M. Torelli (ISPI Research Fellow)

Argomento: societacostume | 3249 | 0 | società

Soltanto pochi anni fa, le tesi circa il declino dell'Islam politico andavano per la maggiore.
Si sosteneva che, nei nuovi contesti dei paesi musulmani, le forze islamiste avessero perso la loro battaglia e fossero destinate a scomparire. Si trattava della tesi del cosiddetto post-islamismo...

La stessa che, alla luce della cosiddetta Primavera araba, i cui protagonisti erano stati per lo più giovani senza un'affiliazione politica ben identificata ma sicuramente privi di qualsiasi messaggio in senso islamista, era tornata in auge e sembrava definitivamente avverata. Le piazze di Tunisi, del Cairo, di Tripoli e di Damasco, in effetti, nei primi giorni non avevano visto la presenza di movimenti islamisti organizzati e, dunque, si pensava che l'epoca dell'attivismo islamico degli anni Ottanta e Novanta fosse chiusa per sempre. Le fasi successive a quella di stravolgimento iniziale hanno dimostrato che quest'analisi era fondamentalmente errata. Non solo: accanto all'ascesa dei partiti islamici afferenti alla Fratellanza musulmana in Tunisia, Egitto e altri contesti non così profondamente toccati dalla rivolte come il Marocco, sono sorti nuovi movimenti islamisti più radicali e catalogabili sotto l'etichetta del salafismo.
Il fenomeno del nuovo salafismo emerso in molti paesi arabi dopo le rivolte, può essere collocato a metà tra l'Islam politico mainstream, rappresentato dai partiti afferenti alla Fratellanza musulmana e, dall'altro lato, l'islamismo jihadista che prende ispirazione da al-Qaeda. Sebbene il jihadismo stesso sia una forma - la più radicale - di salafismo, quest'ultimo sta sperimentando nuove correnti, che racchiudono in sè le caratteristiche simbolico-ideologiche dei movimenti jihadisti, ma che in parte ne differiscono per ciò che concerne la pratica. I movimenti più interessanti da monitorare e su cui vale la pena di soffermarsi in quanto potenzialmente in grado di influenzare le sorti politiche dei paesi in cui operano, sono sicuramente quelli che vanno sotto l'etichetta di Ansar al-Shari'a (AaS).
Va subito specificato che, a differenza dei gruppi legati ad al-Qaeda e operanti sotto questo brand dall'Algeria all'Iraq, si tratta di una sigla ormai assunta da diversi gruppi salafiti in vari contesti nazionali, ma che non sembrerebbero avere tratti in comune, nè tantomeno dei collegamenti. Il primo movimento chiamato Ansar al-Shari'a, anzi, era nato in Yemen ben prima della stessa stagione delle primavere arabe ed era contraddistinto da una natura molto più radicale e da pratiche terroriste, al punto tale da essere considerato una costola di al-Qaeda stessa. Il movimento emerso nel 2011 in Tunisia - e che successivamente è sorto anche in Libia ed Egitto, seppur non si possa parlare di gruppi legati tra di loro - presenta, invece, delle caratteristiche che lo rendono sicuramente sui generis rispetto ai gruppi qaedisti, pur rimanendo in parte un movimento jihadista.
In che misura Aas in Tunisia è diverso dai movimenti jihadisti classici e perché è importante seguire l'evoluzione di questo movimento? Prima di tutto va fatta una distinzione tra quelli che sono i riferimenti ideologici e simbolici del movimento e la sua strategia d'azione. Se, da un lato, il gruppo salafita tunisino è nato in parte anche come reazione al compromesso del partito islamico Ennahda che, andando al governo, - visto come complice di un sistema che, invece, Aas dichiara pubblicamente di combattere - solidarizza con i movimenti jihadisti fuori dalla Tunisia, com'è il caso della Siria, d'altro canto in Tunisia dichiara di volersi limitare alla propaganda (quella che nel linguaggio salafita è definita da'wa). In tal modo, pur estromettendosi volontariamente dal panorama politico-istituzionale e rifiutando di partecipare al processo elettorale del paese, il movimento è molto attivo a livello sociale, tramite azioni di politica dal basso e mirate a una particolare fetta di popolazione, soprattutto nelle aree periferiche del paese e nei quartieri più poveri di Tunisi e alle fasce di età più giovani. AaS è diventato, in pochi mesi, uno dei punti di riferimento del malcontento motivato da condizioni socio-economiche ancora critiche per la Tunisia e dalla percepita estromissione rispetto alle decisioni circa il futuro del paese di quei giovani che, a cavallo tra il 2010 e il 2011, la rivoluzione l'avevano portata avanti in prima persona.
È inoltre interessante indagare il rapporto esistente tra questa forma di Islam politico e quella che è andata invece istituzionalizzandosi, rappresentata in Tunisia dal partito Ennahda. Quest'ultimo ha trovato proprio in AaS - dunque all'interno della stessa galassia dell'Islam politico, seppure con una connotazione più radicale - una delle più strenue fonti di opposizione. Durante il 2013, AaS ha mostrato tendenze di radicalizzazione, nonostante il clima di violenza politica e terrorismo che ha interessato la Tunisia non possa essere ricondotto al movimento, in assenza di prove certe. Il governo tunisino ha deciso di classificare il gruppo come associazione terroristica, provvedendo a compiere arresti e a perseguire i suoi membri, accusando il movimento di essere colluso con i gruppi jihadisti che operano al confine con l'Algeria. Ciò ha provocato un'ulteriore radicalizzazione di AaS e, soprattutto, della sua base, rendendo il clima politico tunisino ancora più teso. È sulla base di tali sviluppi che il movimento dovrà essere tenuto sott'occhio durante l'anno prossimo, come catalizzatore di un malcontento sempre più diffuso e che potrebbe pola-rizzare ulteriormente la Tunisia, rischiando di provocare una situazione ancora più instabile di quella creatasi durante l'anno appena concluso.
Il 2013 ha visto il ritorno del terrorismo in Tunisia, ma le cause non possono essere ricondotte - se non in minima parte - alla presenza del salafismo, sono più profonde e riguardano le incertezze politiche, sociali ed economiche del Paese a tre anni dalla caduta di Ben 'Ali, oltre che la debolezza del suo apparato di sicurezza di fronte a minacce di questo tipo. Se AaS continuerà a essere individuato come l'unico capro espiatorio, è probabile che la situazione possa peggiorare, come conseguenza della radicalizzazione del movimento. E d'altro canto, viste le critiche che molti tunisini muovono a Ennahda per non esser riuscito a migliorare le condizioni socio-economiche del paese, nè tantomeno a scardinarne le vecchie dinamiche politiche, il movimento salafita potrebbe presentarsi come la vera alternativa islamica a un modello laico ed elitario. È su questo terreno, tutto intra-islamico, che si gioca la sfida del salafismo al sistema istituzionale tunisino, che nel 2014 avrà un urgente bisogno di rinnovamento.
Se il focus maggiore è sulla Tunisia, in quanto è qui che il nuovo fenomeno Ansar al-Shari'a è nato e si è maggiormente sviluppato, è da monitorare l'evoluzione del movimento in stile franchising, pur tenendo a mente che non sembra esservi un progetto comune tra i diversi gruppi operanti sotto questa sigla. Un gruppo salafita che si chiama Ansar al-Shari'a è presente anche in Libia. La sua attività ha guadagnato l'onore delle cronache soprattutto dopo l'uccisione dell'Ambasciatore statunitense Christopher Stevens a Bengasi (per cui non è ancora accertato che la responsabilità sia da attribuire ad AaS), ma anche in occasione dei recenti scontri armati a Tripoli. Per quanto AaS in Libia sia un movimento leggermente più oscuro di quello tunisino, le caratteristiche sembrano però essere simili. Ciò che cambia è il panorama in cui opera: il fatto che la Libia sia un paese ancora nel pieno di una crisi di sicurezza e con un alto livello di violenza e la presenza di molte milizie armate, rende AaS potenzialmente più radicale.
È più difficile, dunque, valutare le sue azioni in un contesto ancora così confuso. Ancora più misteriosa appare la presenza di AaS in Egitto, dove alcune fonti hanno riportato che un gruppo con questo nome sarebbe attivo nel Sinai, un'area che sembra sfuggire al controllo governativo e in cui si stanno susseguendo diversi attentati terroristici contro le forze di sicurezza egiziane. Una nuova sigla, dunque, per una manifestazione di islamismo in parte nuova rispetto al passato - come nel caso della Tunisia e in parte della Libia - e in parte legata al concetto di jihad di matrice qaedista, AaS rimane una delle realtà da seguire con più attenzione nel panorama del post Primavera araba.

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