28 Dic
2013
Era già tutto previsto - Paola Caridi

Argomento: societacostume | 2902 | 0 | società

Abdel FattahEra già tutto previsto...
Un attentato nella città di Mansoura, nel nord dell'Egitto, ha provocato almeno 14 morti e circa 40 feriti.
Colpita una centrale di polizia.
Il primo ministro egiziano Hazem Beblawi ha annunciato che i Fratelli Musulmani sono stati dichiarati organizzazione terroristica...

Una notizia fredda, distaccata, all'apparenza così - per così dire - digeribile.
Ma cosa c'è che non va? Attentato, polizia, Fratelli Musulmani, terrorismo. C'è un attentato in una città, e qualche minuto dopo si annuncia non tanto il colpevole dell'attentato, ma il colpevole di un'intera stagione terroristica prossima ventura.

Succede in Egitto, ed era già tutto, o quasi, previsto, citando un vecchio refrain.
Previsto che la reazione popolare della fine di giugno contro la presidenza Morsi fosse cavalcata dalle forze armate, trasformandosi in un colpo di stato. Previsto che la restaurazione attuasse, nei tempi che si era dato il vecchio deep State, il giro di vite verso i protagonisti della rivoluzione di Tahrir, con l'arresto di Alaa Abdel Fattah e la condanna, tra gli altri, del leader del Movimento 6 Aprile Ahmed Maher.

Previsto anche che lo scontro tra deep State (sostenuto da settori liberal e postnasseriani della rivoluzione) e i Fratelli Musulmani si servisse di vecchi strumenti. Come l'inscatolamento dei Fratelli Musulmani nella definizione organizzazione terroristica. Non è una strategia nuova, nella storia repubblicana egiziana, soprattutto nella storia pluridecennale del potere militare egiziano. Da Nasser, appunto, in poi. La stretta contro i Fratelli Musulmani la attuò Nasser, dopo un attentato contro di lui che aprì la strada all'esautorazione del presidente Mohammed Naguib e alla sua ascesa alla presidenza. Niente di nuovo sotto al sole, insomma. E niente di nuovo, mi sembra, neanche nel modo in cui questa sequenza, di eventi e strategia, viene presentata al pubblico medio europeo.

Si parla poco, di Egitto. E quel poco non serve a far comprendere al pubblico cosa stia succedendo. Nulla si dice dei ragazzi arrestati, ormai da settimane, nessun caso mediatico alla Pussy Riot o alla Femen, per intenderci. Di più si dice, giustamente, dell'attentato sanguinoso a Mansoura, e del suo bilancio di morti e feriti, ma senza dire nulla delle indagini, di chi potrebbe aver compiuto l'attentato. Si traccia, invece, una riga dritta tra l'attentato e la decisione del governo egiziano, di definire organizzazione terroristica i Fratelli Musulmani, che pure hanno condannato l'attentato e rigettato ogni responsabilità.
La riga diritta, tra attentato e inscatolamento dell'Ikhwan nella definizione di terrorista, è perfettamente in linea con quello che da mesi si fa, in chiave mediatica, attraverso le tv e le testate mainstream (con qualche incursione, maldestra, nei social network). Tutto ciò che è contro il potere militare e il deep State è terrorismo, l'Egitto deve compattarsi attorno al nazionalismo di nuovo (vecchio) stampo, la rivoluzione deve intendersi come (ancora una volta) una rivoluzione guidata e imbrigliata dai militari.

L'ombra del nasserismo, sempre più retrivo e per alcuni versi terribilmente anacronistico, torna sull'Egitto. Come, però, una minestra riscaldata più e più volte. E noi qui, a ripetere senza pensare ciò che arriva, comunicati di regime che sentiamo ripetere a pappagallo.

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