09 Giu
2013
Disordini a Istanbul

Argomento: societacostume | 3036 | 0 | società

I nodi tra il premier turco Erdoğan e quei cittadini scontenti del suo operato stanno venendo rapidamente al pettine in questi ultimi giorni. Il mese di maggio s'era aperto all'insegna della contestazione, dopo che il governo aveva varato una legge che restringe l'uso degli alcolici in pubblico; in realtà, nella sostanza poco cambia...

se ne vieta la vendita a supermercati e negozi dalle 22 alle 6, si vieta alle compagnie che li vendono di sponsorizzare eventi pubblici, nonchè di pubblicizzarsi nei programmi radio e tv nazionali. Per il resto, nulla cambia, ma questa serie di divieti posti su un prodotto altamente simbolico come l'alcol ha avuto un effetto esplosivo su tutti coloro che pensano che Erdoğan e i suo partito (AKP) stiano trascinando la Turchia nel baratro dell'islamizzazione forzata. I precedenti a questo proposito non mancano, basti pensare alla polemica sull'uso del velo, che l'AKP da molti anni sta cercando di sdoganare negli impieghi pubblici (dov'è bandito da quasi un secolo); o alle frasi pronunciate dal premier proprio un anno fa a proposito dell'aborto (legale in Turchia) che egli definì un assassinio, scatenando le ire di moltissime turche; nonchè a molti piccoli segni che marcano una maggiore invadenza della religione in un Paese che per decadi aveva fatto della laicità una bandiera.

Le violenze di Istanbul, però, sono di altro segno, anche se, probabilmente, frutto anche di uno scontento maturato per la tentata islamizzazione del Paese da parte dell'AKP, e mostrano, da un lato, una matrice ecologica, dall'altro, una prettamente politica, legata soprattutto alla figura di Erdoğan. È vero, infatti, che gli istambulini sono scesi in piazza per difendere l'annunciato abbattimento del parco Gezi, uno dei pochi spazi verdi nella zona centrale di Taksim, ma la rabbia è stata aumentata dal fatto che gli alberi devono cedere il posto a un centro commerciale, per un giro d'affari milionario di cui uno dei beneficiati sarebbe proprio il premier in carica e altri personaggi di spicco dell'AKP. E contro di questi si è scatenata la protesta, sedata con una prepotenza e una violenza poco consone a un governo, e al suo leader, che in questi anni si sono adoperati, in patria all'estero, per apparire moderni e moderati, quasi una sorta di calmiere agli estremismi militari del passato e a quelli religiosi dei tempi recenti.

La brutale reazione del governo contro i manifestanti, ha mostrato invece il lato deleterio della modernizzazione, ovvero, ancora una volta, l'uso della tecnologia per colpire i dissenzienti, le cui comunicazioni via cellulare sono state intercettate per isolarli e colpirli, mentre internet sta subendo rallentamenti. Al contempo, i maggiori giornali turchi stanno cercando di minimizzare quanto accaduto, riproponendo il problema della censura (e auto censura) della stampa in Turchia.

Il premier si è reso conto di aver commesso un passo falso, e si è già espresso pubblicamente condannando l'eccessivo uso della forza da parte della polizia, che ha lasciato sulla strada decine di feriti e dichiarando di aver già richiesto al Ministro degli Interni di fare luce su quanto accaduto. Ma la polizia è ancora schierata in forze a Taksim e nessun annuncio è stato fatto in merito a un ripensamento rispetto abbattimento del bosco.

fonte: Il Giornale di Brescia 2 giugno 2013

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