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Talvolta, si può pensare che parlare di libertà religiosa nel nostro Paese, sia qualcosa di non necessario: certo anche noi - proprio in quanto evangelici - abbiamo sperimentato negli anni della dittatura fascista (e anche in seguito) delle discriminazioni, ma quegli anni sono lontani e certi eccessi non torneranno più!
Forse la violenza arrogante non ritorna, ma i provvedimenti vessatori non sono finiti...

È notizia recente la chiusura di alcune chiese evangeliche (in particolare in Lombardia), che si sono viste private del diritto di celebrare pubblicamente i propri momenti di culto. Tutto nasce da una legge regionale che risale al 2005, la quale poneva (e pone, essendo ancora in vigore) dei limiti molto ferrei nella trasformazione in locali di culto di edifici nati con altra destinazione d'uso. A questo si aggiunge che, in seguito ad un parere espresso dal Consiglio di Stato, alcuni pastori di chiese indipendenti, i quali avevano richiesto il riconoscimento giuridico del loro status, si sono visti rispondere che tale riconoscimento è possibile solo se le loro comunità contano almeno 500 membri.

Questi i fatti, ai quali si potrebbero aggiungere ulteriori dettagli, che però vi risparmio. La questione di fondo non cambia: fintanto che nel nostro Paese non esisterà una normativa complessiva sulla libertà religiosa, potranno verificarsi questi eccessi, che colpiscono, ovviamente, le realtà ecclesiastiche più piccole o più indifese. Questa situazione non può e non deve lasciarci indifferenti. Certo, negli ultimi mesi, qualcosa si è mosso sul fronte delle Intese (le leggi che secondo la Costituzione regolano i rapporti tra lo Stato e le confessioni diverse dalla cattolico-romana). Certo, la situazione italiana non è paragonabile ai Paesi in cui si subiscono persecuzioni violente. Eppure, se l'apostolo Paolo poteva parlare liberamente dell'Evangelo nell'Atene dei filosofi (Atti 17), è forse troppo chiedere di poterlo fare oggi nel millenio del New Age?

fonte: bollettino febbraio 2013 delle chiese evangeliche metodiste di Vicenza e di Bassano del Grappa