08 Gen
2013
Una federazione prevalente di Maria Bombardieri

Argomento: teologiamusulmana | 3107 | 0 | islam

Il fine primario di preservare l'identità nazionale dei marocchini, poi di arginare l'influenza di movimenti anti-monarchici (Adl wa al-Ihsan), radicali (salafiti) e politici (Fratelli musulmani), infine di salvaguardare la propria relazione con il governo italiano.
Tra gli scopi della Confederazione, assume particolare rilievo la promozione del dialogo interreligioso come strumento essenziale per l'integrazione, il rispetto del diritto di libertà religiosa, e la diffusione della cultura islamica (...) nel rispetto del patrimonio di valori spirituali, religiosi e laici della nazione italiana...


Si prefigge di raggiungerli tramite l'organizzazione di incontri, manifestazioni, eventi e attività di volontariato. D'altro canto, le associazioni marocchine confederate guardano all'intervento di Rabat come a un passo decisivo per il soddisfacimento dei bisogni della comunità islamica italiana; nello specifico favorendo la costituzione di veri e propri organismi di rappresentanza eletti dal popolo delle moschee, evitando l'insorgere di dirigenti poco rappresentativi o nominati dall'alto; inviando imam stipendiati dalla madre patria con un'adeguata preparazione teologica e un orientamento giuridico malikita oppure formando imam già presenti in Italia. Diverse associazioni islamiche hanno già goduto di questo tipo di corsi, che evita l'emergere di imam-fai-da-te; un esempio recente è il corso per imam svoltosi a Padova dal 14 al 17 maggio dall'associazione Al Qods Acharif e dall'ISESCO (cf. anche Regno-att. 2,2012,4). Infine l'intervento del Marocco è visto nell'ottica del mantenimento e/o della costruzione dei luoghi di culto.

Il panorama islamico italiano si arricchisce di un nuovo organismo: la Confederazione islamica italiana. Costituita il 21 marzo da 10 federazioni regionali, con circa 250 luoghi di culto, alla presenza di autorità governative del Marocco e funzionari del ministero dell'interno.
Risulta essere l'ultimo passo, quello decisivo, di un lungo itinerario intrapreso tra le moschee d'Italia gestite dalle comunità marocchine, ovvero dall'ambasciatore del Regno del Marocco, Hassan Abouyoub, e dal segretario generale della Grande moschea di Roma, Abdallah Redouane. Un viaggio, dunque, che ha portato a tessere salde relazioni tra i centri islamici privi di un raccordo nazionale, confluiti poi in una rete di federazioni regionali e solo quest'anno in un organo di rappresentanza nazionale.

Il controllo di Rabat sulla diaspora
La Confederazione, sostenuta dal congiunto e diretto intervento del governo di Rabat, nello specifico del Ministero degli affari religiosi, del Ministero degli esteri e del Consiglio dei marocchini all'estero, rientra nel complesso e vivace quadro politico del Marocco ed è mossa dal desiderio di controllare l'influenza dei movimenti politici transnazionali di matrice islamica sui marocchini in diaspora.
Si tratta - afferma Said Meghras, presidente della Federazione islamica della Lombardia - di un progetto molto ambizioso che mette in gioco notevoli interessi di diversi soggetti e una posta decisamente alta.
Il governo marocchino e la comunità in diaspora non sono gli unici soggetti ad avere interessi nella buona riuscita del progetto: lo stesso governo italiano ne trarrebbe giovamento. La leadership della Confederazione può apparire ai suoi occhi quale interlocutrice affidabile ed effettivamente rappresentativa della realtà islamica italiana, almeno nella sua componente maggioritaria. In secondo luogo, la presenza del governo marocchino, quale sostenitore del nuovo organismo, darebbe sicurezza e garanzia della sua trasparenza.

Dal 2009 al 2011 sono 15 le federazioni regionali costituite, solo 10 invece quelle confluite nella Confederazione islamica italiana. I consigli direttivi delle singole federazioni sono eletti dai centri islamici afferenti e insieme vanno a formare l'assemblea generale costitutiva preposta all'elezione del consiglio direttivo della Confederazione.
Ma non è tutto. Infatti, buona parte dei centri affluiti nelle federazioni hanno firmato anche un accordo di cooperazione con il Centro culturale islamico d'Italia (Grande moschea di Roma). Questo duplice legame - da una parte con un organismo nato sotto la supervisione del Marocco, dall'altra con l'unico organismo musulmano riconosciuto dallo stato italiano - permette di intuire come dietro al desiderio di supervisionare e sostenere i marocchini in diaspora si celi un disegno più ampio: il coordinamento regionale confluito nel nuovo organismo nazionale potrebbe, per mezzo di Roma, rendere in futuro più agevole la stipula di un accordo privilegiato con l'Italia nella gestione dell'islam, in vista della rappresentatività e democraticità delle federazioni.
Grazie all'accordo di cooperazione, Redouane potrebbe ricoprire il ruolo di principale negoziatore con lo stato per una possibile intesa, limitando così le iniziative dell'Unione delle comunità islamiche d'Italia (UCOII), della Comunità religiosa islamica italiana (COREIS) e dell'Unione dei musulmani in Italia (UMI) forte sia dell'islam degli stati, sia del popolo delle moschee e soprattutto del decreto giuridico che ne fa l'unico ente religioso riconosciuto dallo stato. Non a caso il 21 maggio, in occasione dell'apertura della Settimana della cultura islamica a Roma, l'ambasciatore dell'Arabia Saudita Saleh Moh'd Gh. Al-Ghamdi - che è anche presidente del Centro culturale islamico - ha proposto la stipula di un memorandum per disciplinare i rapporti tra governo italiano e comunità islamica, che potrebbe consentire al Centro islamico di usufruire dell'8 per mille.
Nello specifico sono confluite nella Confederazione il Piemonte, il Trentino Alto Adige, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, l'Emilia Romagna, la Toscana, l'Umbria, il Lazio, la Puglia e la Calabria.
Dal presente elenco mancano 5 regioni, Lombardia, Liguria, Marche, Abruzzo e Sicilia, in quanto i rispettivi delegati, per protesta, si sono rifiutati di votare in sede di elezione del consiglio direttivo a causa di brogli nella formulazione delle liste elettorali.
Sono stati informati della situazione sia il Ministero degli esteri e il Ministero degli affari religiosi in Marocco, sia il Ministero degli interni italiano. Successivamente l'ambasciatore Abouyoub, che in precedenza aveva sostenuto la linea d'azione di Abdallah Redouane, ha proposto l'indizione di un'assemblea straordinaria per integrare nell'atto costitutivo della Confederazione le regioni mancanti, ovvero i rispettivi presidenti nel consiglio direttivo.

Per concludere, al momento l'assemblea non ha ancora avuto luogo, ma già si odono nell'aria i nomi dei possibili sostituti del neo-presidente, Wahid el-Fihri, già dirigente della Federazione regionale dell'Emilia Romagna (a lui si affiancano nel consiglio altri 16 membri tra cui quattro donne, un musulmano di origine italiana e un giovane di seconda generazione).
Preferito da Redouane, la sua leadership sembra, invece, già essere posta in discussione dalla base: circa 13 centri islamici emiliani riunitisi in aprile hanno discusso la loro uscita dalla Federazione.
Nell'attesa di nuovi sviluppi, questa situazione non può non indurre a una riflessione sulla direzione che sta prendendo l'islam in Italia sia in termini di opportunità sia di criticità. Il volgere il capo verso l'islam degli stati, soluzione che si pensava lasciata agli anni Novanta, potrebbe rallentare quel fisiologico processo di costituzione di un islam propriamente italiano. Tuttavia, in questa partita giocheranno un ruolo cruciale le seconde generazioni, nella misura in cui sapranno ridefinire la loro identità religiosa a partire dal contesto italiano.

fonte: Il Regno, 10-2012

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